Uso del genere nelle lingue: cosa c’è da sapere?

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Uso del genere nelle lingue: cosa c’è da sapere?


In questo articolo, parliamo dei problemi legati all’uso del genere nelle varie lingue, fornendo delle soluzioni efficaci per la traduzione dei generi, nel caso in cui si voglia usare una comunicazione più equa.

 

  1. Il maschile generico

Come saprai, alcune lingue presentano il doppio genere, mentre altre un unico neutro che li racchiude entrambi. L’italiano, il francese e il tedesco, ad esempio, fanno parte della prima categoria.

Ma c’è un altro fattore che accomuna queste tre lingue: il maschile generico. Il maschile generico è quell’espediente linguistico che comporta l’uso del genere grammaticale maschile per includere sia gli uomini che le donne. In italiano, ad esempio, si usa il termine “fratelli” per indicare sia i fratelli che le sorelle. Anche la forma al singolare è caratterizzata dall’uso del maschile (banalmente, il sostantivo maschile “medico” indica sia professionisti uomini che professioniste donne).

L’assenza di un genere neutro costituisce un problema anche per coloro che non si identificano nei generi binari: ad esempio, mentre in inglese è più semplice riferirsi a persone non binary, in altre lingue è ben più complesso, in quanto mancano delle forme linguistiche che permettano di farlo.

In ogni caso, il maschile generico ha causato e continua a causare non poche perplessità in molte persone che lo ritengono una forma linguistica discriminatoria e disparitaria.

 

  1. Linguaggio e disparità di genere

Innanzitutto, è chiaro come chi solleva questo problema non lo faccia esclusivamente in riferimento all’esclusione delle donne da questa forma linguistica. La questione, infatti, risiede in qualcosa di ben più profondo, ovvero i significati che questo espediente veicola e che, purtroppo, sono molti di più di quelli che si possa pensare.

Negli ultimi anni, diversi studi hanno cercato di comprendere se ci sia una reale influenza dell’uso del linguaggio sul pensiero delle persone, sulla concezione dei ruoli di genere e, dunque, sulle disparità. Molti di questi studi si concentrano proprio sull’utilizzo del maschile generico. Alcune ricerche dimostrano come questa pratica linguistica, nello specifico, abbia una forte influenza sul modo di pensare di chi la usa e di chi la ascolta o legge, impattando sui loro pensieri in termini di discriminazione di genere.

Un esempio di ricerca in quest’ambito sono gli esperimenti svolti nel 2007 in Germania da alcuni studiosi (Stahlberg, Braun, Irmen, e Sczesny) su un campione misto di uomini e donne la cui lingua madre era il tedesco (in cui, ricordiamo, si usa il maschile generico). A una parte del campione veniva chiesto quale fosse il loro attore, scrittore, pittore preferito; mentre ad altri individui veniva posta la stessa domanda con l’utilizzo del doppio genere per forma inclusiva, ovvero quale fosse il/la loro attore/attrice, scrittore/scrittrice, pittore/pittrice preferito/a. I risultati furono incredibilmente sorprendenti: mentre alle domande formulate con il maschile generico venivano indicati in risposta prevalentemente uomini, alle domande formulate col genere inclusivo venivano date preferenze miste e vi era dunque una maggiore inclusione delle donne.

I risultati di questo esperimento (così come quelli di molti altri) dimostrano come il linguaggio e l’uso delle parole nelle lingue possano effettivamente portare a pensieri disparitari in termini di genere. In questo senso, le traduzioni non solo possono veicolare significati velati e inconsci, ma sono anche in grado di influenzare chi ne fruisce.

 

  1. Traduzioni inclusive

Rendere le traduzioni più inclusive e di qualità è molto semplice e ti basterà solo un piccolo sforzo iniziale per educare la tua mente. Nel caso in cui ti trovi davanti a una traduzione da una lingua d’origine che utilizza il neutro (come l’inglese) e una di destinazione che presenta il doppio genere, ti basterà seguire questi semplici passi:

    • Se ti trovi davanti a un plurale neutro, puoi tradurre entrambi i generi. In pratica, “everybody” diventerà “tutti e tutte” in italiano;
    • Scegli nomi collettivi che non implichino il maschile generico. In italiano puoi, ad esempio, usare la parola “il personale” anziché “gli impiegati”.
    • Traduci correttamente i titoli professionali, usando la forma al femminile quando si riferiscono a una donna (anche quando “ti suonano strani”!).
    • Se la lingua di destinazione prevede l’uso di participi, scegli una forma attiva nella traduzione, in modo da non doverli declinare in entrambi i generi;
    • Evita di usare sostantivi prettamente maschili che facciano riferimento a un’intera categoria. Ad esempio, in italiano scegli gli esseri umani o l’umanità invece di gli uomini.

 

Se tutto questo ti sembra troppo complesso, sappi che molte lingue che originariamente prevedevano il maschile generico si stanno evolvendo per mettere in atto una forma più inclusiva. Ad esempio, in spagnolo è sempre più frequente l’uso del doppio genere (anziché il classico “buenos días a todos” che fa riferimento solo agli uomini, si preferisce la forma bigenere “buenos días a todos y a todas”) o di espedienti linguistici inclusivi (es. “buenos días a todo el mundo”, in cui “todo el mundo” rappresenta un termine neutro per indicare entrambi i generi e significa letteralmente “tutto il mondo”).

Per concludere, ti incuriosirà sapere che alcune (anche se poche) lingue prevedono il femminile generico, come quelle parlate dai gruppi aborigeni in Australia. Sarà un caso che questi popoli basino la loro struttura sociale su una cultura matriarcale?

 

 

Questo articolo è stato scritto da Chiara Corona, Intern del team di Comunicazione e Marketing di Creative Words


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